Fran Drescher non è una Tata qualunque – è una Tata artistica.

Fran Drescher non è una Tata qualunque – è una Tata artistica.

Fran Drescher ha appena terminato di registrare l’episodio pilota della nuova commedia NBC “Indebted”, con Adam Pally e Abby Elliot. Lo show inizia con la Drescher e suo marito, interpretato da Steven Weber, che si presentano alla porta del figlio dicendogli: “siamo al verde e dobbiamo trasferirci da te”.

Non è la prima volta che la Drescher appare improvvisamente alla porta di qualcuno. Nel 1993, da teenager negli anni ‘90, la vidi arrivare alla porta del produttore di Broadway Maxwell Shaffield e dei suoi tre figli, nella sitcom cult La Tata. La serie, creata e prodotta dalla Drescher e suo marito Peter Marc Jacobson, trasformò Tata Francesca in un’icona di stile e la rese in poco tempo uno dei personaggi più amati della tv anni ‘90 – nonché mia eroina personale.

Una scultura di Stefan Tcherepnin dal suo show “Stefan ‘Jackson’ Tcherepnin, 2014-17: The Missing Years” accanto ad una foto di Fran Drescher nei panni di Francesca Cacace ne La Tata. @thenannyart.

Alcuni mesi fa mi sono imbattuto in un’immagine della Tata che richiamava un dipinto di Gerhard Richter del 1988, intitolato “Betty”. Dopo aver postato una foto che affiancava le due immagini, ho ricevuto immediatamente un mare di like. A quanto pare, Francesca Cacace è rimasta impressa nella memoria collettiva della mia generazione. Di lì a poco sono stato ispirato ad aprire l’account Instagram @thenannyart, in cui affianco i suoi outfit unici a varie forme di arte contemporanea.

Da una minigonna che ricorda un quadro di Piet Mondrian, ad un abito in velluto di Emanuel Ungaro abbinato ad un quadro di Cristopher Wool, l’account mostra come l’arte può presentarsi nei contesti più inaspettati. D’altronde, Francesca Cacace è la personificazione televisiva delle belle arti: “she’s the lady in red when everybody else is wearing tan” (ndr: dalla sigla de La Tata “E’ la signora in rosso, mentre tutti gli altri indossano l’abbronzatura”)

Quando ho scoperto che Fran Drescher non solo è fan dell’account, ma è un’avida collezionista d’arte, ho deciso di parlare con lei prima della sua cena di beneficenza (la Drescher è sopravvissuta al cancro, portandola a scrivere il libro Cancer Schmancer). La tata più amata d’America ha parlato del ruolo che l’arte ha nella sua vita, dal documentarsi su Van Gogh da bambina, alla recente vendita di un Alex Katz.

Luois Philippe Van Eeckhoutte: Cosa ha acceso il tuo interesse nel collezionismo?

Fran Drescher: Quando sono entrata nello show business e sono arrivata in California, avevo appena 20 anni. Incontrai Elaine Rich e suo marito, una coppia di collezionisti d’arte. Ad un certo punto ebbero anche una galleria d’arte su Madison Avenue, ma lui voleva tornare a recitare. Vendettero tutto e si trasferirono ad ovest. Lei divenne la mia manager. Lui iniziò a lavorare come caratterista. Erano persone molto mondane, sofisticate, affascinanti ed ebbero grande influenza su di me, soprattutto Elaine. E’ grazie al loro amore per l’arte che mi sono appassionata al collezionismo. Da bambina amavo l’arte. Uno dei miei primi libri fu su Vincent Van Gogh e quando ero alle elementari fuori dalla porta del preside c’era una stampa di George Seurat: Una domenica pomeriggio sull’isola della Grande-Jatte.

Luois Philippe Van Eeckhoutte: E’ una grande opera.

Drescher: Ogni volta che ci passavo davanti, la guardavo e cercavo di immedesimarmi nel dipinto. Così cercai di imparare a riconoscere i vari quadri ed artisti e familiarizzare con il loro stile, perché ammiravo così tanto che Elaine potesse guardare un dipinto e dire “Oh è di questo autore, o di quello” e pensavo “come fai a saperlo?”. Lei mi disse che più li guardi, più impari a riconoscere i diversi stili degli artisti. Penso che la mia capacità di essere alla regia, produrre, creare un determinato ambiente in casa, vestire, siano tutti stati influenzati dall’aver allenato il mio occhio.

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“Senza titolo” Victor Vasarely, a destra Francesca Cacace

Luois Philippe Van Eeckhoutte: Nel tuo libro Cancer Schmancer hai scritto di aver acquistato l’opera “Donna sdraiata” di Botero la stessa settimana in cui hai scoperto di avere il cancro. Per te l’arte ha un valore terapeutico?

Drescher: L’ospedale in cui mi trovavo era molto attento. Ricevono molte opere d’arte in donazione e le appendono ai propri muri. Non mi ero resa conto di cosa volesse dire riprendersi da un grosso intervento chirurgico. Camminare per quei corridoi e guardare quelle opere d’arte fece una grande differenza per me. Nessuno dovrebbe sottovalutare l’importanza dell’arte nella propria vita. Quando tornai a casa dopo l’intervento, la scultura di Botero era sul mio tavolo da caffè che mi aspettava. Quel viaggio in ospedale ha diviso la mia vita in prima-del-cancro e dopo-il-cancro e la statua era lì, ad aspettarmi, così bella e voluttuosa e meravigliosa. Spero di non venderla mai. A volte devi vendere pezzi d’arte, come ho appena fatto, per la prima volta.

Luois Philippe Van Eeckhoutte: E come ti ha fatto sentire?

Drescher: Sto ancora soffrendo. Avevo sentito di una vendita ad Hong Kong e mi stavano “perseguitando” per il mio meraviglioso Alex Katz, che ritraeva il suo soggetto preferito: sua moglie Ada. Nell’istante in cui ho detto “Okay prendetevelo”, mi sono sbloccata. Come mi sono separata dal dipinto, ho avuto il nuovo episodio pilota, sono in trattative per un talk show e sto scrivendo un musical per Broadway che sta andando avanti di buon passo.

Luois Philippe Van Eeckhoutte:  Si chiude una porta e si apre un portone.

Drescher: E’ questione di energie. A volte non puoi restare aggrappato a tutto. Spero solo che appendano il quadro in casa e che non lo lascino in qualche deposito di opere d’arte, mi spezzerebbe il cuore. La vita è fatta per lasciar andare ed essere liberi, non restare attaccati alle cose e sentirsi sepolti vivi.

“Firuzabad” di Frank Stella , a destra: Francesca Cacace

Luois Philippe Van Eeckhoutte: Cosa vedi nel futuro del movimento Cancer Schmancer che hai creato?

Drescher: Abbiamo in previsione una mini crociera con cena di beneficenza e cabaret nel porto di New York, si esibiranno i migliori comici e io parlerò. Una serata spettacolare a sostegno dei nostri sforzi. Nella Giornata della Terra abbiamo pubblicato un video formativo intitolato “Be The Change”. Ci siamo Jamie Foxx, Jeff Bridges ed io. E’ rivolto agli adolescenti, per educarli, motivarli e spronarli ad essere consumatori più attenti, perché sono la prima generazione nella storia per la quale si prevede un’aspettativa di vita inferiore a quella dei genitori. Non vogliamo che questa profezia si avveri, per questo ci rivolgiamo a loro, perché si sveglino e realizzino che le grandi aziende e agenzia pubblicitarie potrebbero non avere veramente a cuore gli interessi dei giovani, ma possono essere loro ad influenzare il mercato, perché ciò che comprano o non comprano diventano il loro voto e la loro protesta. Questo è un grande aspetto della Cancer Schmancer – riprendere controllo del proprio corpo.

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Luois Philippe Van Eeckhoutte: Tu mi hai ispirato a creare un account Instagram che si concentra sugli outfit de La Tata. Eri consapevole della forte connessione fra gli abiti e la storia dell’arte, durante le riprese della serie?

Drescher: Brenda Cooper, la costumista della serie, che ha vinto anche un Emmy per il suo lavoro, ricorda una prova costume durante la quale io abbinai rosa e arancione. Lei mi disse “Non so, quei due colori sembrano stonare” E io risposi “Sono i colori di Gauguin, non stonano affatto, sono squisiti”. Nell’istante in cui ho preso in considerazione le belle arti, ha visto anche lei quello che vedevo io. Tempo dopo mi disse che non dimenticherà mai quel momento, perché le permesso di vedere le cose attraverso gli occhi di un grande pittore.”

Luois Philippe Van Eeckhoutte: Vedi le cose attraverso l’arte.

Drescher: Sì e sono molto grata. Quando lavoro come regista, posizionando la telecamera e sistemando la composizione, quando guardo attraverso l’obiettivo, tutto è sicuramente influenzato dal fatto che ho allenato il mio occhio attraverso le belle arti. Vedi la profondità di campo in modo diverso, i bordi dell’inquadratura, tutto.

“Le Beau Monde” di René Magritte, a destra: Francesca Cacace

Luois Philippe Van Eeckhoutte: Prenderesti mai in considerazione l’opportunità di farti fare un ritratto e chi sarebbe l’artista ideale per farlo?

Drescher: Sono una grande fan di John Currin. Ho visto un suo grande show alla Gagosian Gallery di New York alcuni anni fa, e ogni volta che c’è una sua mostra in un museo, sono felice di vederla. Conosco lui e sua moglie, li ho incontrati spesso. Non ho sue opere. Vorrei tanto, ma quelle che preferisco sono un po’ fuori budget per me.

Luois Philippe Van Eeckhoutte: E’ uno dei più grandi ritrattisti del nostro tempo.

Drescher: Una volta mi sono trovata a parlare con Chuck Close, e pare che abbia detto che Madonna voleva commissionargli un suo ritratto, ma lui abbia rifiutato perché la trova troppo mascherata. Quando lo incontrai, gli dissi “Sai, se mai volessi farmi un ritratto, ne sarei onorata”.

Luois Philippe Van Eeckhoutte:  E lui cosa ha risposto?

Drescher: Lui disse “Poseresti nuda?”

Liberamente tradotto e adattato da InterviewMagazine, autore Louis Philippe Van Eeckhoutte

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